È il 7 maggio quando l'inchiesta della procura di Genova provoca un terremoto all'interno della Regione Liguria mandando agli arresti domiciliari il suo presidente Giovanni Toti. L'accusa è di corruzione, la stessa che i magistrati muovono ad altre 9 persone, tra manager e imprenditori, tutte raggiunte da misura cautelare o interdittiva nell'ambito della stessa inchiesta che vede 25 indagati. Tra queste c'è anche Matteo Cozzani, capo di gabinetto del Governatore, accusato di corruzione elettorale aggravata dall'aver agevolato il clan mafioso dei Cammarata di Riesi, l'imprenditore portuale Aldo Spinelli, il figlio Roberto, e anche l'ex presidente dell'autorità portuale di Genova Paolo Emilio Signorini, l'unico a finire in cella. Il provvedimento è firmato dal GIP Paola Faggioni che nelle oltre 650 pagine di ordinanza, parla di un collaudato meccanismo corruttivo che, ipotizzano i magistrati, riguarda 4 tornate elettorali. In sostanza la Procura contesta a Toti di aver elargito favori in cambio di finanziamenti elettorali. In particolare, gli vengono contestati circa 74mila euro che sarebbero stati versati al comitato Toti dall'imprenditore Aldo Spinelli, in cambio dell'interessamento del Governatore ad alcune pratiche d'interesse dello stesso Spinelli, tra cui quella per il rinnovo per 30 anni della concessione del terminal Rinfuse. Un meccanismo opaco di dare-avere che avrebbe portato il presidente della Regione Liguria, nelle parole del GIP, a svendere la propria funzione abdicando ai propri doveri istituzionali per ottenere l'elezione. "Ho sempre perseguito l'interesse pubblico quale fine unico e ultimo della mia azione politica" si è difeso Toti nel suo primo interrogatorio dopo il silenzio davanti al GIP, "veicolando le rivendicazioni dei privati, ha detto, verso l'interesse della collettività e del territorio".























