Quasi quattro anni dopo lo schianto della funivia del Mottarone in cui persero la vita 14 persone, la Procura di Verbania ha chiesto il processo per cinque persone. Si tratta di Luigi Nerini, titolare delle Ferrovie del Mottarone, di Enrico Perocchio e di Gabriele Tadini, allora rispettivamente direttore d'esercizio e capo servizio dell'impianto, di Martin Lettner, consigliere delegato della società altoatesina incaricata della manutenzione dell'impianto e di Peter Rabanser, responsabile del customer service. I reati ipotizzati sono a vario titolo: attentato alla sicurezza dei trasporti, disastro colposo, omicidio colposo, lesioni colpose e solo nei confronti di Tadini e Perocchio anche falso. Esclusa invece l'ipotesi di reato di rimozione o omissione dolosa di cautele contro infortuni sul lavoro formulata prima della chiusura delle indagini lo scorso 21 marzo. Dall'impianto accusatorio sono stati inoltre eliminati riferimenti alla normativa sulla sicurezza del lavoro, al centro di uno scontro in udienza preliminare tra la Gup Rosaria Maria Fornelli e la Procura. È il 23 maggio del 2021, quando la fune traente della funivia Stresa alpino Mottarone, sulla sponda piemontese del Lago Maggiore si spezza, e una delle cabine, in quel momento in funzione precipita al suolo, cadendo per oltre 20 metri nel mezzo del bosco. 14 i morti, l'unico sopravvissuto è un bambino di nove anni, l'israeliano Eitan Biran. Le indagini accertarono che il cedimento strutturale era dovuto al deterioramento della fune e che il sistema frenante di emergenza non sarebbe entrato in funzione, perché intenzionalmente disattivato tramite dei forchettoni, ovvero dispositivi metallici che impedivano alle cabine di fermarsi con frequenza. Un malfunzionamento tecnico già noto ai gestori della funivia. .