Non una, ma tante identità. Oltre a quella di Andrea Bonafede arrestato lunedì per associazione mafiosa, Messina Denaro utilizzava le generalità di altre persone realmente esistite come dimostrano i documenti trovati nell'appartamento in cui ha trascorso l'ultima parte della sua latitanza. La rete dei fiancheggiatori che hanno protetto il boss negli ultimi 30 anni avvisandolo dei blitz, permettendogli di spostarsi per le cure, di viaggiare per gli affari si allarga. Una rete di protezione inquietante, dice il presidente della Corte d'Appello di Palermo inaugurando l'anno giudiziario. "Il nuovo intreccio criminale tra mafia e corruzione pone seri interrogativi sul grado di penetrazione di Cosa Nostra nel tessuto sociale e istituzionale". Fondamentale il ruolo delle intercettazioni che le nuove misure rischiano di depotenziare, dice Frasca. "Un mezzo di ricerca della prova che si è rivelato indispensabile e insostituibile". Cosa Nostra è tutt'altro che sconfitta, dice il Procuratore capo di Palermo, De Lucia. "... una fortissima tensione all'interno dell'organizzazione colta a tentare l'ennesima ristrutturazione". Un'attività investigativa, risultato di anni di lavoro su cui, chiede il Procuratore, non devono essere gettate ombre. "È un'indagine impeccabile, svolta con gli strumenti tecnici più aggiornati secondo criteri di legalità totalmente trasparenti. E io nella mia qualità di responsabile di quell'indagine, ho il dovere di riaffermarne la qualità assoluta, senza dietrologie e senza speculazioni di nessuno tipo".