"Un inno alla speranza, che se anche ai noi, un giovane si è ritrovato a vivere in quel contesto familiare che si è ritrovato, però loro hanno una grande opportunità: quello di essere loro i protagonisti della loro vita; gli attori, i registi e quindi di intraprendere un cammino diverso". Nelle mafie ci si può pensare potenti ed essere ricchi ma si vive male, molto male. Parte da questo ragionamento, la scommessa di liberi di scegliere ovvero dalla battaglia di un giudice minorile per liberare i ragazzi della Ndrangheta; spezzando quelle catene familiari dove i figli sono obbligati a fare il mestiere dei Padri, perché il destino mafioso non si sceglie ma si eredita, spiega Roberto Di Bella prima presidente del tribunale minorile di Reggio Calabria ed ora a quello di Catania. Perché dice era ed è fondamentale dare a questi ragazzi una possibilità attraverso l'opzione di sospendere se lo chiedono la responsabilità genitoriale dei Padri boss. "Col progetto, siamo entrati all'interno delle famiglie di ndrangheta, di mafia come mai forse nessuno era riuscito a fare. Abbiamo alimentato speranze laddove sembrava non esservi speranza". Quello di liberi di scegliere è un progetto che ha come obiettivo una legge nazionale in materia, una sfida che per ora ha fatto propria la regione Calabria con un protocollo attuato grazie a Libera con il contributo della CEI e nelle scuole dell'associazione PS. Ma che necessita della comprensione dei fondi dall'intero paese. "Lo Stato deve assumersi questo come una spesa, un costo che è il costo della legalità. Quei ragazzini sono costretti a montare e smontare le armi, accompagnare i genitori nei contesti di camorra, di mafia, di ndrangheta. Non sono mai stati ragazzini".