"Secondo te che devo fare, firmo tutto e mandiamo solo Vermicino finché non salvano 'sto ragazzino?" "Allora perché non partiamo alle 13" "Sono d'accordo" "Ci diamo il cambio, stiamo in diretta fino a che non lo tirano fuori" "io ero in uno studio, seduto dietro una scrivania, a fare una diretta, che pensavo durasse 2,3,4 ore. Abbiamo cominciato alle 13:30 del giorno 11 e siamo andati avanti fino alle 7 del mattino del 13. Piano piano quella speranza, quell'ottimismo che tutti pensavano sul posto che potesse consentire di arrivare al bambino in tempi rapidi, si trasformò in angoscia e poi piano piano in pessimismo. Ma tutto questo durò più di 24 ore e dallo studio io mi rendevo conto che forse bisognava frenare un po', ormai non si poteva tornare indietro." "Il pubblico, i telespettatori chiamano, protestano, vogliono le notizie da Vermicino, se oggi in Italia ci fosse un Colpo di Stato non gliene fregherebbe niente a nessuno." "La sera dell'11 dopo il telegiornale delle 20 il direttore d'accordo con la direzione generale provò a interrompere ma ci fu una valanga di telefonate di protesta, nonostante il TG2 e il TG3 andassero avanti ma si voleva che, anche il TG1. Questo fu un segnale, per me, inquietante, preoccupante perché vuol dire che ormai l'emotività aveva invaso talmente tanto il nostro Paese che non si voleva altro, si voleva solo quello, no? Qualsiasi altra notizia non aveva alcun senso, in quel momento, ma fu un momento che durò 60 ore e soprattutto bloccò qualcosa come 25 milioni di telespettatori. L'illusione di raggiungere quel bambino trasformò quel fatto di cronaca in un evento televisivo che però sfuggì, alla fine, al controllo non si poteva più fermare, tanto più dopo che il 12, cioè il giorno dopo arrivò nel pomeriggio anche il Presidente della Repubblica sul posto.".