Dopo aver scontato una condanna per mafia, i boss, una volta scarcerati, erano tornati ai loro affari illeciti e a guidare la famiglia mafiosa di Barcellona Pozzo di Gotto, nel messinese, una delle cosche che più potenti della mafia in quei territori. Avevano iniziato ad imporre il pizzo a tappeto a commercianti e imprenditori, imponendo anche ai titolari dei locali notturni di assumere i buttafuori che la famiglia mafiosa segnalava loro. Adesso 86 persone sono state arrestate dai Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, su richiesta dei magistrati della Procura della città dello stretto, diretta da Maurizio De Lucia. I reati che vengono contestati a vario titolo alle persone finite in manette, sono quelli di: associazione mafiosa, estorsione, trasferimento fraudolento di valori, traffico e spaccio di stupefacenti, porto abusivo di armi da fuoco e scambio elettorale politico-mafioso. Il clan, è stato accertato dagli inquirenti, avrebbe di fatto pilotato alcune elezioni in provincia, mettendo nei posti chiave, i propri uomini di fiducia. E adesso, come emerge dall'inchiesta, i boss puntavano ai soldi delle ristrutturazioni al 110%. In particolare, il capomafia Mariano Foti, finito in manette, stava cercando di organizzare una rete commerciale, per aggiudicarsi quanti più appalti possibili. L'indagine è iniziata nel 2018 e sotto la lente di ingrandimento è finita la cosca dei barcellonesi, una delle più forti del litorale tirrenico, capace di piegare commercianti e imprenditori al racket del pizzo. Altro affare fiorente per la cosca, il traffico di droga, tornato ad essere fondamentale per l'economia nel clan mafioso. 53 persone sono finite in carcere, 28 ai domiciliari a 5 è stato imposto l'obbligo di firma. Durante l'inchiesta sono state sequestrate armi e droga.























