Nella mafia siciliana, le cose sono cambiate da parecchio tempo e per orientarsi nella sua geometria, è utile pensare a un triangolo: uno dei lati, è senza altro la politica che vede rapporti profondi con la mafia fin dalle sue origini, e uno dei punti più alti negli anni '60, gli anni del democristiano Vito Ciancimino cresciuto con Provenzano e rispettato da Rina. Per un periodo dopo il maxiprocesso, i rapporti tra mafia e politica si erano interrotti ma ben presto sono ripresi con slancio. Basti pensare al caso di Antonio Dalì condannato per concorso esterno in associazione mafiosa. Il secondo lato del triangolo si delinea negli anni '80, se prima il pizzo garantiva denaro contante e controllo del territorio, e corruzione e traffico di droga facevano il resto, poi qualcosa è cambiato: come se, in Cosa Nostra, si fosse fatta strada una nuova consapevolezza. Perché attaccare le aziende quando inquinandole con la propria presenza si ottiene il massimo rischiando il minimo? La mafia si è fatta impresa, ma non basta, si può fare di meglio, si può essere addirittura ambientalisti. Così negli anni 90, gli stupefacenti a riciclaggio, si aggiunge il business nobile dell'energia pulita, sotto a quella distesa di pale eoliche. Nel trapanese, nascondono gli interessi di Messina Denaro, le imprese si sono servite della mafia e la mafia degli imprenditori, dei politici. Per completare il triangolo però manca un lato la cui importanza sarà fondamentale: la massoneria. La provincia di Trapani ha registrato negli ultimi decenni una straordinaria concentrazione di logge massoniche a cui hanno aderito politici, professionisti, uomini delle forze dell'ordine e lo stesso boss di Castelvetrano che pare ne abbia fondata anche una: la Loggia Sicilia. La trentennale latitanza di Matteo Messina Denaro, ad esempio, si deve anche alla complicità del medico Alfonso Tumbarello, guarda caso, anche lui massone.