Matteo Messina Denaro non si è mai pentito. Non ha mai saltato il fosso. Ma con i magistrati della procura di Palermo che lo hanno interrogato dopo il suo arresto ha parlato. Ha fatto qualche piccola ammissione e, a modo suo, avrebbe indicato ai PM alcuni elementi utili ad indagini aperte. In particolare sulla strage di Capaci in cui persero la vita il giudice Giovanni Falcone, sua moglie Francesca Morvillo e tre agenti della sua scorta. In un verbale, che adesso è stato acquisito agli atti dell’udienza preliminare nei confronti della sua amante, Laura Bonfede, si leggono le parole del padrino dette a Paolo Guido. A me sembra riduttivo, afferma Messina Denaro, dire che Falcone sia stato ucciso solo per le sentenze del maxi processo. Se poi voi siete contenti di questo, va bene. Ma quella è solo la base di partenza, mette a verbale il boss di Castelvetrano. Poi non aggiunge altro, ma fa capire come ci sia dell’altro dietro all’ordine di uccidere il giudice. La strage di Capaci, ha aggiunto, è stato solo l'inizio. Ma fa intendere che dietro c’era un terzo livello e che in quegli anni le indagini si sono fermate troppo presto e che i pentiti hanno raccontato, secondo lui, solo verità di comodo. Poi torna sul suo arresto. mi avete preso solo perché sono malato, altrimenti sarei ancora libero. Sottolinea come la sua unica leggerezza sia stata quella di comunicare la malattia alla sorella. Da un pizzino trovato in casa sua, infatti, sono partite le indagini che hanno portato al suo arresto il 16 gennaio dello scorso anno. Ha anche parlato della sua vita da uomo libero a Campobello e a Palermo. Nessuno, era convinto, lo avrebbe mai tradito.