Sette anni prima di essere arrestato dai Carabinieri del Ros, Matteo Messina Denaro era stato fermato da un posto di blocco delle forze dell'ordine in una strada del Trapanese. A rivelare questo episodio il procuratore di Palermo, Maurizio De Lucia, che ha sottolineato come questa vicenda rafforzi l'idea che, senza ombra di dubbio, l'ex primula rossa di Cosa Nostra abbia vissuto da libero cittadino e lo abbia fatto nella nostra terra almeno negli ultimi 10 anni, sicuro di essere protetto non solo dai mafiosi ma anche da un secondo livello sul quale si sta ancora indagando a fondo. "Se vuoi nascondere un albero", aveva detto ai magistrati il boss, "piantalo nella foresta", per spiegare che il miglior modo di nascondersi è non farlo. Nei pizzini sequestrati nei suoi covi subito dopo l'arresto, il capomafia scriveva di essere tranquillo, non poteva riconoscerlo secondo lui nessuno perché gli identikit elaborati al computer non gli somigliavano per niente. Poi il padrino ha utilizzato numerose false identità. L'ultima quella di Andrea Bonafede. Nella casa del capo di Castelvetrano, a Campobello di Mazara, gli investigatori hanno rinvenuto anche decine di carte d'identità ancora non intestate a nessuno. Rappresentavano una piccola riserva per l'eventuali identità future. Credeva che non sarebbe mai stato arrestato.