Matteo Messina Denaro o forse Andrea Bonafede, meglio ancora Giuseppe Giglio o piuttosto Vito Accardo. La primula rossa della mafia era tanto bravo a nascondersi e passare inosservato, quanto ad utilizzare identità false. L'uomo dai mille nomi, il capo indiscusso del mandamento di Castelvetrano, arrestato il 16 gennaio 2023, nel corso dei 30 anni di latitanza era riuscito a condurre una vita da fuggiasco ma non di clausura, come hanno dimostrato le indagini portate avanti dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, che sta ancora facendo luce sulla vita del boss morto di tumore nel 2023, 9 mesi dopo l'arresto. Alla faccia di chi immaginava travestimenti, addirittura interventi di chirurgia plastica per farsi cambiare i connotati, a Messina Denaro era bastato usare nomi di comodo. Melchiorre Corseri, Vito Fazzuni, Giuseppe Gabriele, Giovanni Giorgi, Gaspare Bono, Giuseppe Bono, Renzo Bono, Salvatore Bono, sono solamente alcune delle 15 identità utilizzate dal boss per accedere al sistema sanitario nazionale, tutti nomi appartenenti a persone esistenti, tranne una, nate tra il 1961 e il '73, dunque più o meno coetanee del boss nato nel '62. La Procura di Palermo sta indagando su ogni nome. Fino a prova contraria i legittimi proprietari di queste identità ignoravano che il capomafia utilizzasse le loro generalità. I Carabinieri, per conto della DDA del capoluogo siciliano, hanno acquisito negli ospedali riuniti Villa Sofia Cervello di Palermo in banche dati e in altre strutture ospedaliere della città, prescrizioni, ricette e documentazioni su ricoveri riferibili agli alias, abitualmente utilizzati da Messina Denaro per curarsi indisturbato, molto probabilmente coperto da una fitta rete di protezione.