Una Smith & Wesson calibro 38 cariche con 20 proiettili di riserva, ben tenuta e perfettamente funzionante. Era nascosta nell'abitazione di Campobello di Mazara dove Matteo Messina Denaro ha trascorso l'ultima parte della sua latitanza. Era occultata nell'intercapedine di uno dei mobili della cucina. L'arma adesso è nelle mani dei RIS che stanno verificando se sia stata utilizzata per uno dei tanti delitti che vengono contestati al Padrino di Castelvetrano. E in un'intercettazione dell'inchiesta che a settembre portò all'arresto di 35 fiancheggiatori proprio a Campobello di Mazara, 2 degli arrestati parlano di una Smith & Wesson. Intanto, tra gli oggetti ritrovati all'interno della casa dagli investigatori del ROS, c'è anche una parrucca da donna. Cosa ci facesse il Padrino è ancora da capire. Prosegue l'analisi dei documenti sequestrati alla ex latitante. Sotto la lente d'ingrandimento degli inquirenti il taccuino del Boss, in cui sono annotati i nomi, i numeri di telefono e contabilità, spese, entrate ed uscite, poi ci sono i pizzini, quelli trovati addosso a Giovanni Luppino, l'autista di Matteo Messina Denaro. Fogli di carta in cui sono annotati i nomi, cognomi e numeri di cellulare. Adesso c'è da capire se queste persone fossero a conoscenza della vera identità del boss, che si faceva chiamare Andrea Bonafede, e quindi abbiano favorito la sua latitanza o se sono stati all'oscuro di tutto. Informazioni importanti potrebbero arrivare anche dai due telefoni cellulari trovati addosso al Boss e al suo autista al momento dell'arresto. Un lavoro lungo e meticoloso quello dei magistrati della Dda di Palermo impegnati in queste ore a cercare di ricostruire la rete dei fiancheggiatori del Boss che per 30 anni è riuscito a sfuggire alla cattura.