La mattina è complicata, per chi sbarca a Lampedusa barcollando e per chi all'hotspot è già arrivato. Lo è dal risveglio in una delle brandine piazzate dentro o fuori dalla struttura, dove 4.500 persone circa hanno trascorso la notte. I trasferimenti sono continui, ma i tempi sono lunghi. Tra un grappolo d'uva condiviso e una tensione inevitabile. La coda non finisce mai, continua al porto per imbarcarsi. C'è chi zoppica per le ferite e chi crolla. La poca ombra sotto i camion è per le mamme estenuate, con i bambini piccoli. Al molo commerciale arriva anche la politica con Marion Marechal Le Pen, estrema destra francese, per cui le regole sull'asilo sono troppo generose. La sofferenza è nelle strade del paese, dove si va a cercare cibo. La coda alla parrocchia è lunghissima ad ora di pranzo. I lampedusani cucinano, le ONG danno una mano. Ci sono anche gli attivisti della Sea Watch. Qualcuno però urla "andate a casa", a questi ragazzi in cammino verso l'hotspot. Uno di loro sta male, piange, i vicini accorrono e portano dell'acqua. Poi arriveranno i soccorsi, pronta umanità nell'ennesima giornata da sopportare in un viaggio che non finisce mai.