Barche fatiscenti, gommoni semi sgonfi, decine di imbarcazioni attraversano il Mediterraneo centrale, approfittando del mare calmo cercando di raggiungere le coste siciliane, quelle che segnano il confine tra l'Africa e l'Europa. A Lampedusa ne arrivano di continuo, da giorni, vengono soccorsi a poche miglia o approdano in autonomia sul molo dell'isola piena di turisti; emigranti subito trasferiti nel hot spot fino al momento in cui un traghetto li trasferirà altrove, ma la struttura è di nuovo stracolma 2000 persone in un posto che potrebbe ospitarne 350, gli arrivi sono più rapidi e numerosi dei trasferimenti. Sembrano tante le barche che riescono ad approdare sulla costa di Lampedusa, ma sono poche rispetto a quelle che vengono fermate e riportate indietro dai militari libici o che fanno naufragio senza che spesso se ne abbia notizia. Gommoni semi affondati, naufraghi che tentano di restare a galla, situazioni che ogni giorno si trovano ad affrontare le tre navi umanitarie in missione tra la Libia e la Sicilia. 264 persone, tra cui una bimba di 2 anni e un neonato di 20 giorni, sono stati soccorsi dalla Geo Barents di Medici Senza Frontiere, in 387 sono sulla Ocean Viking di SOS Mediterranee, 439 sono sulla Sea watch 3 tra loro 117 ragazzi da soli, 40 bambini, 35 donne di cui 4 incinte temperature roventi, situazione ogni giorno più difficile a bordo e la richiesta di portarli a terra, in un porto sicuro. Da un decennio ogni estate la storia si ripete dicono dalla ONG tedesca sentiamo parlare di emergenza, ma la politica si rivela incapace di pianificare assistenza a chi fugge e costringe le navi di soccorso civile a giorni di stillicidio e attesa dice Ann Decker di Sea Watch. Eppure conclude le leggi internazionali prevedono lo sbarco al più presto.























