È un serpentone umano quello che ha attraversato le strade del centro di Milano fino in Piazza Duomo per protestare contro lo sgombero dello storico centro sociale Leoncavallo, avvenuto lo scorso 21/8, dopo 50 anni di storia e 130 rinvii, ma soprattutto per dire, giù le mani dalla città. Un corteo unitario conclusosi con fuochi d'artificio, petardi e fumogeni organizzato dai centri sociali di tutta Italia, a cui ha aderito il mondo dell'associazionismo, l'Anpi, la Cgil, ma anche alleanza Verdi Sinistra, il PD cittadino. Non è solo un corteo contro lo sfratto del Leoncavallo ma anche un corteo che finalmente ha riaperto la discussione su Milano, sul modello Milano, sulla città che vogliamo sulla città che verrà. In piazza migliaia di cittadini comuni, oltre a diversi personaggi del mondo della cultura e dello spettacolo. Il Leoncavallo parlo per me è un simbolo di anche tutti gli altri centri sociali. Io per esempio, i primi passi teatrali li ho fatti al centro sociale Isola. Essere qua per quanto mi riguarda è un simbolo di simbolicamente dire, teniamo questi spazi. Una manifestazione per esprimere solidarietà al Leoncavallo mentre sul tavolo c'è l'ipotesi di una nuova sede in via San Dionigi, ma anche per ribadire il diritto all'abitare per contestare un modello di città divenuta vetrina a partire dal piano urbanistico con l'inchiesta della Procura di Milano sullo sfondo. I manifestanti hanno simbolicamente occupato il Pirellino, uno dei cantieri della Coima di Manfredi Catella al centro dell'inchiesta e lanciato petardi contro la prefettura, suscitando reazioni e polemiche politiche. E anche Catella, il cosiddetto re del mattone, finito ai domiciliari, poi revocati in una nota ha stigmatizzato quelle che ha definito azioni violente e illegali. .























