Non per tutti i reati che gli sono stati contestati nel processo di primo grado, scaturito dall'operazione Xenia del 2018, Mimmo Lucano, l'ex sindaco di Riace, è stato considerato colpevole. Il collegio del tribunale di Locri, presieduto da Fulvio Accurso, al termine di una camera di consiglio durata tre giorni, lo ha condannato per peculato, abuso d'ufficio e, più grave tra i reati, associazione per delinquere. Lucano però è stato anche assolto dall'accusa di concussione, per alcuni casi di truffa aggravata e di falso, e anche per il reato di favoreggiamento dell'immigrazione clandestina. Eppure la condanna è ben più severa di quella che era stata la richiesta della pubblica accusa. 13 anni e 2 mesi di reclusione contro i 7 anni e 11 mesi chiesti dal Pubblico Ministero. Com'è possibile? La risposta sta tutta nei meccanismi della giustizia, anche se per comprenderne le ragioni esatte occorrerà aspettare il deposito delle motivazioni. Ma intanto sulla base delle 12 pagine di dispositivo depositate dai giudici di Locri, Lucano e i suoi collaboratori erano un'associazione a delinquere nata per lucrare sull'accoglienza degli immigrati. L'ex sindaco di Riace avrebbe anche utilizzato gli oltre 700 mila euro di fondi pubblici arrivati nella cittadina calabrese, per scopi personali. Per recarsi a Londra, Parigi, in Etiopia, come sostenuto dall'accusa, consentendo di pagare con quei soldi anche manifestazioni pubbliche e concerti per centinaia di migliaia di euro. Il Pubblico Ministero aveva chiesto una condanna a 7 anni e 11 mesi, ritenendo prevalente il reato di associazione per delinquere e tutti gli altri reati in continuazione, conteggiando dunque questi ultimi con una pena di sei mesi. I giudici invece non hanno considerato gli altri reati in continuazione con l'associazione per delinquere, e sono così arrivati a una condanna a 10 anni e 4 mesi per il solo reato prevalente, più 2 anni e 10 mesi per tutti gli altri reati considerati separatamente. Nessuna attenuante è stata riconosciuta a Lucano, non le generiche e neppure, la pur riconosciuta dal codice, attenuante per aver agito per motivi di particolare valore morale o sociale.