Mentre Adele era in coma e i medici dell’Ospedale Galliera di Genova tentavano di salvarla, il suo fidanzato, Sergio Bernardin, 21 anni, cancellava freneticamente dal suo cellulare la fitta corrispondenza su WhatsApp avuta con il pusher di Busalla che gli aveva procurato l’ecstasy. 4 grammi per 300 euro. Lui e il suo amico, il diciannovenne Gabriele Rigotti, sono rimasti in carcere perché il GIP ha ravvisato in questa circostanza un pericolo di inquinamento delle prove, elemento che giustifica la carcerazione preventiva. Ma non è tutto, perché durante il lungo interrogatorio di ieri, nel carcere di Marassi, i due giovani hanno raccontato una versione dei fatti che non coincide con le varie testimonianze raccolte nella notte tra venerdì e sabato quando in via San Vincenzo Adele si è improvvisamente accasciata a terra per un malore senza più svegliarsi. Fondamentale anche il racconto della fidanzata di Rigotti, anche lei 16 anni come Adele. I quattro avevano passato il pomeriggio e la serata insieme, ha confermato la ragazzina, ma sono stati i due giovani a comprare la droga e ad offrirla anche a loro. Mai avremmo potuto permetterci di spendere quella cifra io e Adele, ha detto agli inquirenti. Gli uomini della squadra mobile di Genova hanno facilmente individuato il ventenne ecuadoriano che ha venduto la potente metanfetamina. Anche lui è indagato per spaccio e morte in conseguenza di altro reato. Bisogna ora attendere il responso degli esami tossicologici dell’autopsia per capire se Adele, oltre all’alcol e all’ecstasy, venerdì sera abbia assunto anche altre droghe.