La colpa è imprudenza, negligenza e imperizia, non è volontà di fare del male. La morte di Luana D'Orazio, stritolata da un macchinario a cui erano state disattivate le barriere antinfortunistiche, è conseguenza di una colpa che i titolari dell'azienda di Montemurlo si sono assunti patteggiando la pena. Due anni alla titolare Luana Coppini, un anno e sei mesi per il marito Daniele Faggi, entrambi con la sospensione condizionale. "Mi dicevano a me: cosa vuoi cambiare? Tanto è stato sempre così e così sempre sarà. Ha ragione chi mi dice queste parole". "Lei si aspettava una sentenza, quindi, diversa?" "Un po' più esemplare. Aspettavo un po' più di rispetto verso la morte di mia figlia". La pena è stata concordata con la Procura dopo l'effettivo pagamento del risarcimento, quantificato in oltre 1 milione di euro. Nel patteggiamento, poi, rientra anche una sanzione pecuniaria di poco più di 10.000 euro per la ditta. "Non c'è nessuno scandalo. È una sentenza che nasce su due pilastri: l'assunzione di responsabilità, la conseguenza di questa responsabilità di spingere l'assicurazione in tutti i modi e mezzi perché ristorasse un danno o una perdita così grave; così come i benefici riservati dall'ordinamento a chi ammetta le proprie responsabilità e cerca una soluzione di questo genere, sono un qualcosa che aiuta l'ordinamento a essere funzionale alle risposte". E poi ci sono i benefici di legge. Nel processo penale per la morte di Luana rimane un unico imputato: il tecnico manutentore che ha scelto il rito ordinario.























