Non esiste un'altra verità se non quella per cui Martina Rossi è morta per sfuggire a un tentativo di stupro ed era talmente disperata al punto da scavalcare un balcone al sesto piano. Così Luca Fanfani, avvocato dei genitori della ragazza, commenta la sentenza che arriva dalla Cassazione: condannati in via definitiva a tre anni, Luca Vanneschi e Alessandro Albertoni per tentata violenza di gruppo. Sono passati dieci anni, era il 3 agosto del 2011 quando la giovane studentessa genovese morì a Palma di Maiorca, cadendo da un balcone di un albergo. Era in vacanza con le amiche, ma quella sera, secondo la ricostruzione della Procura, si trovava nella camera con i due ragazzi che provarono a violentarla. In uno stato di soggezione, impossibilitata a difendersi, Martina Rossi avrebbe scelto una via di fuga più difficile, quella di scavalcare la balaustra. Ma non con un intento suicidario. La pg, Elisabetta Ceniccola, ha sottolineato il fatto che la ragazza non avesse pantaloncini, che non sono stati ritrovati, che sul suo corpo ci fossero delle lesioni non compatibili con la caduta e che uno dei due ragazzi riportasse dei graffi. Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi erano stati prima condannati a sei anni, poi assolti il 9 giugno del 2020 perché il fatto non sussiste dalla Corte di Appello di Firenze che accolse l'ipotesi del suicidio. É stata la stessa Cassazione a riaprire il caso rilevando errori e sottovalutazione in quella decisione e disponendo un processo bis, nel quale poi i due sono stati condannati ad aprile. Con questa sentenza i ricorsi degli imputati alla Corte sono stati dichiarati inammissibili e le condanne sono state confermate in via definitiva. Non ci deve essere più nessuno che si possa permettere di far del male a una donna e passarla liscia. Ora posso dire a Martina che il suo papà è triste perché lei non c'è più, ma anche soddisfatto perché il nostro Paese è riuscito a fare giustizia, ha detto Bruno Rossi, padre della ragazza, dopo la sentenza.