È morto da solo, in Colombia, il collaboratore napoletano dell'ONU Mario Pacciolla, il 15 luglio lo hanno trovato impiccato nella sua casa di San Vicente del Caguan, con ferite da arma da taglio sul corpo. Dall'ipotesi di suicidio si è passati a quella di omicidio. Il giovane, 33 anni, stava lavorando per un progetto di pace tra le istituzioni locali e gli ex ribelli delle FARC, le Forze Armate Rivoluzionarie Colombiane, riqualificando aree utilizzate dal narcotraffico. Negli ultimi giorni aveva confidato alla madre di avere molta paura e di essere turbato per qualcosa che era successo. Aveva anche preso il biglietto per tornare in Italia. Ora si chiede giustizia e verità per una vicenda dai contorni oscuri, che appare a molti come un nuovo caso Regeni. È stato esposto lo striscione dal Palazzo del Comune di Napoli. Ci sono gli amici di Mario Pacciolla, ci sono anche le sorelle, si chiede di fare giustizia, di fare luce su questa vicenda oscura che viene paragonata al caso Regeni. Giustizia e verità, perché il caso è oscuro, non c'è stata da subito chiarezza. E abbiamo paura che si palesi un caso Regeni 2, abbiamo paura che si disperdono le energie per appurare la verità sulle circostanze più che sospette che hanno portato alla morte di Mario. Non è possibile morire così, non è possibile che un ragazzo come Mario perda la vita in queste circostanze. Il Ministro degli esteri Di Maio, in un colloquio telefonico con il sindaco di Napoli, ha assicurato massimo impegno e attenzione sulla vicenda. È apparsa anche una petizione online per chiedere di fare luce sulla morte del giovane volontario. I primi giorni sono determinanti per capire che cosa è accaduto, quindi Napoli non può accettare la verità di giornata, la verità di comodo, quella che si vuole costruire frettolosamente. Quindi c'è bisogno di massima attenzione, noi staremo vicini alla famiglia.