Totale mancanza di indizi ecco perché due dei tre indagati per la strage del Mottarone, il gestore della funivia Luigi Nerini e il direttore di esercizio Enrico Perocchio tornano in libertà. Parla di mere e suggestive supposizioni la giudice per le indagini preliminari di Verbania, Donatella Banci Buonamici, in un'ordinanza che di fatto scarcera, il caposervizio Gabriele Tadini finisce ai domiciliari i tre indagati per l'incidente che domenica scorsa ha causato la morte di 14 persone, unico sopravvissuto un bimbo di cinque anni. 24 pagine che parlano di un quadro indiziario già scarno e ancora più indebolito dagli interrogatori delle scorse ore, la Gip smonta il quadro accusatorio della procura di Verbania, rileva la totale irrilevanza del riferimento fatto dai PM al clamore mediatico nazionale e internazionale dell'incidente per sostenere il pericolo di fuga dei tre fermati e osserva che nessun elemento poteva far ritenere la volontà di allontanarsi, Nerini in particolare avrebbe l'interesse a restare sul territorio e a difendersi dalle accuse anche per evitare le gravissime ripercussioni economiche su tutta la sua famiglia. Tadini che ha ammesso di aver piazzato i forchettoni per disattivare i freni e ha sostenuto che i superiori ne erano a conoscenza era consapevole che il suo gesto scellerato, si legge nell'ordinanza, aveva provocato la morte di 14 persone e per questo avrebbe cercato di attenuare le sue responsabilità e di condividere questo immane peso anche economico con le uniche due persone in grado di sostenere un risarcimento danni. Tadini va lasciato agli arresti domiciliari per il pericolo di reiterazione del reato, disattivando il sistema frenante di emergenza sulla cabina numero tre ha attuato, si legge nell'ordinanza, una condotta scellerata in totale spregio della vita umana. Un operaio della funivia punta il dito su Tadini che avrebbe cercato di rassicurarlo dicendo che la fune non si sarebbe spezzata, dalle testimonianze di tutti i dipendenti della funivia appare evidente, aggiunge il Gip, il contenuto fortemente accusatorio nei confronti del Tadini mentre nessuno ha parlato del gestore o del direttore di servizio, tutte dichiarazioni che smentiscono secondo la giudice la chiamata in correità.