Ci è servita per capire quale era il nemico che dovevamo affrontare e come dovevamo affrontarlo. Dall'inizio del mese di marzo un team di infettivologi, anestesisti, infermieri e logisti di Medici Senza Frontiere si è affiancato ai medici, infermieri, sanitari sulla prima linea nella lotta al covid-19 nella provincia di Lodi e nelle Marche. Abbiamo costruito percorsi puliti, percorsi sporchi, abbiamo costruito la zona prefiltro, abbiamo costruito delle zone di decontaminazione dei carrelli di vestizione e svestizione perché la prima regola di questa casa di riposo è stata proteggersi per poi proteggere. Dai progetti di telemedicina per la cura dei pazienti a distanza all'addestramento dei sanitari, Medici Senza Frontiere ha mutuato le esperienze maturate in paesi con poche risorse che hanno dovuto affrontare grandi epidemie come l'ebola. Purtroppo Lodi e l'Italia in generale, non essendo abituata a questo tipo di situazioni non ha mai dovuto preparare dei piani e invece, purtroppo, Medici Senza Frontiere fa questo lavoro nel mondo intero. Per cui noi portiamo questa competenza, la competenza nella gestione delle epidemie, la competenza nella gestione di una situazione di scarsità di risorse, mentre i medici, gli infermieri e il sistema sanitario di Lodi porta la competenza che hanno dovuto acquisire nella gestione dei casi. Dall'incontro una sinergia che ha portato ad un possibile modello esportabile e replicabile, soprattutto in questo momento in cui il calo dei pazienti gravi e delle terapie intensive non deve far abbassare la guardia. Ovviamente siamo tutti molto felici del fatto che ci sia una diminuzione del numero di casi che arrivano al pronto soccorso. Però questo è il momento in cui è assolutamente necessario spostare le risorse, le attenzioni di tutti su quello che succede a casa, quello che succede alla situazione dei medici di base che sono rimasti molto in difficoltà, senza dispositivi di protezione e che stanno continuando a seguire i loro pazienti in condizioni molto difficili.