Era giovanissimo il migrante morto nel rogo dell'insediamento a ridosso di Foggia. 26 anni, gambiano, Samara Saho si era ritrovato per strada dalla sera alla mattina, dopo che il Cara di Foggia, in cui viveva, l'aveva messo alla porta quando la sua richiesta di asilo non era stata accolta. In un attimo si era dunque trasformato da persona in cerca di protezione internazionale a materiale umano, utile per lo sfruttamento da caporalato nei campi pugliesi o per la criminalità locale. Mi dispiace davvero. È nostro amico, gli cercavo qua per mangiare, ospitare bene gli è andato campagna, loro non prendi lì lavorare, però lì non hai documenti. Viveva vendendo vestiti nella sua baracca qui a Borgo Mezzanone, un ghetto in condizioni igieniche terribili, edificato proprio in prossimità del centro per i richiedenti asilo. Insediamento d'emergenza, dunque, che a febbraio le ruspe avevano in parte distrutto, smantellando abitazioni di fortuna, senza però risolvere il problema di chi ci viveva. Altre baracche si sono dunque subito aggiunte a quelle abbattute perché qui si trovano soprattutto le migliaia di migranti impiegati per la raccolta dei pomodori. Ed altri abbattimenti sono stati quindi ordinati nelle scorse settimane. Il 26enne è morto perciò accanto a dove sperava di ottenere i documenti necessari per iniziare una nuova vita dove insomma tra rifiuti e sfruttamento basta un cortocircuito, quello che probabilmente ha innescato l'incendio di questa notte, per morire tra le fiamme. Quasi come, vedi com'è la vita, qua non è una bella vita, uno che vive nelle baracche ogni giorno tu stai rischiando di morire.