Inchino. Tutto gira intorno a questa parola dalla memoria gentile. Inchino. Per la nave Costa Concordia di gentile non c'è niente, l'inchino si trasforma in tragedia in pochi secondi. È il 13 gennaio 2012. Sono passate da poco le 21. La nave, una città galleggiante da 400 milioni di euro, urta uno dei tre scogli delle Scole, a poca distanza dall'isola del Giglio. Un boato. Subito a bordo i passeggeri sentono una fortissima e lunghissima vibrazione. È il primo segnale della tragedia. La parola inchino perde subito i connotati della gentilezza, ma in quel momento nessuno, a parte chi lo aveva ordinato, lo sa. È la notte in cui tante destini si incrociano, la notte in cui quella manovra azzardata porta con sé 32 vittime. L'urto apre uno squarcio di circa 70 metri sul lato sinistro della nave che si arena sullo scalino roccioso a nord di Giglio Porto. Nell'immaginario collettivo resta la nave, con una stazza di oltre 114 tonnellate, adagiata su un fianco, incredibilmente. Sul fondo del mare i pezzi di vite perdute, vestiti, libri, giocattoli. Tutto quello che chi, in partenza per una vacanza, aveva portato con sé e che ora è tutto quello che rimane. A bordo 4.229 persone. Il capitano è Francesco Schettino. Il capitano che lascia la nave. "Comandante, per cortesia..." "No per cortesia. Lei adesso prende e va a bordo". Per tutti in testa rimane la voce, l'urlo del capitano di fregata della Capitaneria di Livorno Gregorio de Falco, che con una parolaccia intima Schettino di salire di nuovo a bordo, subito, e che lo rende subito l'eroe buono della storia. Dai primi momenti tutta la vicenda appare strana. Il capitano scappato che accampa scuse. I tre scogli delle Scole sono riportati in tutte le carte nautiche. È tutto strano. La verità si svela completamente piano. L'usanza dell'inchino della nave per salutare, per dimostrare di saper governare bestioni del genere e il panico di Schettino sono tutto quello che rimane e rimarrà. La sua fuga, i morti, i racconti di chi c'era, la corsa alla scialuppa, il buio, l'enormità della tragedia. I tentativi di minimizzare, di scaricare le colpe, il tempo perso, le tardive ammissioni, le bugie. Il processo porta alla condanna a 16 anni di reclusione per il comandante Schettino. Rimangono le immagini di una notte che non si cancella.