Finisce così, con due anni e mezzo di colonia penale nella Russia meno progressista, Alexei Navalny, a meno di una provvidenziale grazia, passerà i prossimi due anni e mezzo nella Russia tradizionale, profonda e contadina, la casa Russia più fedele a Putin, lontano dai riflettori europei d'Occidente, lontanissimo dalle pulsioni libertarie antisistema delle grandi città di cui Alexei da anni è leader e voce. Il sistema carcerario lo ha accusato, ironia tutta russa, d'aver violato l'obbligo di firma quando, avvelenato con l'agente nervino novichock è dovuto riparare per cure urgenti cinque mesi in Germania. Di fatto la Corte ha dato per falso l'avvelenamento per cui si indaga sui servizi segreti russi. "Abbiamo dimostrato che è stato Putin a commettere l'attentato e questo lo fa impazzire" ha detto Navalny alla Corte, chiedendo il rilascio immediato per sé e per tutti i prigionieri politici. Nonostante al processo fossero presenti ben 12 diplomatici d'Occidente a far pressing per la liberazione del blogger, 5 milioni di follower contro la corruzione, contro i privilegi contro Putin, la loro presenza ha solo infastidito la nomenklatura russa con Peskov, il portavoce di Putin e Lavrov ministro degli Esteri a sottolineare l'intrusione d'Occidente negli affari della Russia. La sentenza è destinata a scatenare ulteriori disordini, dal suo arresto a metà gennaio oltre 5000 russi sono stati fermati nelle manifestazioni non autorizzate, quelle del fine settimana, per chiedere la sua liberazione. Gli ultimi, oltre 300, sono stati portati via dal tribunale. "Sentenza inaccettabile, ingiusta per Stati Uniti, Gran Bretagna, Unione Europea e Francia che chiedono l'immediata scarcerazione Navalny e valutano azioni ritorsive contro il Cremlino.