Tolto il segreto di Stato sulla carta nazionale delle aree potenzialmente idonee ad ospitare rifiuti radioattivi sono scattate le polemiche e proteste da nord a sud. A dire no sono gli amministratori dei comuni e delle aree individuate per lo smaltimento dei rifiuti radioattivi di bassa e media attività che il nostro Paese produce e che oggi portiamo pagando in gran Bretagna e Francia. 67 siti sono elencati nel documento, 8 in Piemonte, tra le provincie di Torino e Alessandria, 24 in Toscana e Lazio, tra le province di Siena, Grosseto e Viterbo, 17 in Basilicata e Puglia, tra le province di Potenza, Matera, Bari e Taranto, 14 in Sardegna in provincia di Oristano, 4 in Sicilia nelle province di Trapani, Palermo e Caltanissetta. Non tutte le 67 aree potenziali ospiteranno i rifiuti, inizia ora, infatti, un iter di 6 mesi che porterà a rendere definitiva la carta che prenderà il nome di CNAI, carta nazionale aree idonee, a gestire la procedura è la Sogin. Riparte così, dopo anni, l'iter per la consultazione pubblica che porterà alla realizzazione del deposito nazionale che conterrà inizialmente 78.000 metri cubi di rifiuti di media e bassa attività, successivamente anche 17.000 metri cubi ad alta attività, al deposito sarà affiancato un parco tecnologico. E si torna così a discutere di nucleare, questioni annose e divisiva dal 1987, quando a seguito di un referendum furono chiusi 4 siti italiani. Protestano e annunciano barricate gli amministratori, chiede un percorso trasparente Legambiente, mentre valuta come uno sbaglio la scelta di un unico sito Green Peace. Non è tempo di polemiche, è un percorso storico, commenta il ministro dell'ambiente Sergio Costa, frena sull'ipotesi Basilicata il ministro Speranza e anche alle altre regioni interessate le porte all'iniziativa sembrano chiuse.