I primi a scendere a terra sono i nuclei familiari, le donne in stato di gravidanza con i bambini più piccoli. Una di loro ha imparato a camminare sul ponte della nave, durante i 12 giorni trascorsi in mare dal momento in cui sono stati salvati il 18 Ottobre. Un’ambulanza porta in ospedale i casi da tenere sotto controllo, 70 dei 104 profughi verranno trasferiti nei Paesi che hanno offerto disponibilità. Tra loro ci sono 40 minori, la maggior parte sono ragazzini sotto i 15 anni e molti sono arrivati da soli. L'unica cosa che abbiamo sempre detto loro è che non li avremmo mai riportati in Libia per nessuna ragione. Ognuno di loro aveva una storia terribile alle spalle. Avevano dei segni sui loro corpi di precedenti violenze subite. Gli operatori umanitari, che li hanno curati e assistiti, chiedono all'Europa che intervenga per evitare altre attese così lunghe ed estenuanti, prima di potere sbarcare. Questa situazione è inaccettabile, non si può far stare in mare persone che hanno già sofferto, così, solo a galleggiare senza risposte. Il Sindaco di Pozzallo chiede al Viminale un maggiore coinvolgimento dei Comuni interessati dall’accoglienza, ma è anche all'Europa che si rivolge. Noto con grandissima soddisfazione che c'è un clima che è mutato e speriamo che tutta questa volontà di cambiare questo clima, si possa tramutare in fatti nuovi. In mare restano altre due navi con a bordo complessivamente 105 persone salvate da naufragio, in attesa che venga loro assegnato un porto di sbarco. La Alan Kurdi, della ONG Sea Eye, che ha soccorso sabato 90 persone in una drammatica operazione di salvataggio, sotto le minacce di un gruppo armato a bordo di una motovedetta libica e la Open Arms, che lunedì ha recuperato 15 persone, tra cui alcuni bambini, da un gommone che stava imbarcando acqua.