Le impronte di scarpe macchiate del sangue di Andrea sul pianerottolo raccontano di una fuga precipitosa senza badare a non lasciare traccia. La porta che Tino Bossi, padre del 26enne ucciso a Cairate in provincia di Varese nella notte tra venerdì e sabato, ha trovato chiusa e senza segni di effrazione, raccontano dell'ipotesi investigativa più concreta di queste ore. La vittima conosceva il suo aggressore. Una delle poche certezze arriva dalla vicina del piano di sotto che abita al primo piano del condominio e che alle 23:43 di venerdì sera sente un tonfo sordo. "Dopo sono andata a suonarli perché continuava il cane ad abbaiare sul balcone e il bimbo che mi si è svegliato tre volte, ho detto, vado su e chiedo gentilmente di fare più piano, non lo so, quando sono andata a suonare, ho suonato due volte, ho aspettato un pochino, ma c'era il silenzio totale." "E lei ha notato se c'erano delle tracce di sangue sulle scale?" "Non non c'erano." "Quindi lei ha visto le macchie di sangue solo al mattino, non la sera quando è salita." "Non c'erano." "Quindi questo fa presupporre che l'assassino fosse ancora in casa?" "Sì." Una testimonianza che aiuta gli investigatori a guadagnare un po' di tempo rispetto ai tempi dell' autopsia prevista nelle prossime ore, autopsia che confermerà anche il tipo di arma usata probabilmente un grosso coltello da cucina, manca per ora anche il movente. Indicazioni arrivano dai monili d'oro scomparsi dall'abitazione di via Mascheroni 1, gioielli legati al passato di Andrea che aveva frequentato una scuola di orafo, forse una rapina finita male da parte di una persona conosciuta, forse un tentativo di depistaggio da parte dell'assassino.