Il 5 maggio la sentenza: ergastolo, aveva stabilito il giudice, sorprendendo in fondo tutti, in considerazione del rito abbreviato che l’imputato aveva scelto e che prevede il beneficio della riduzione di un terzo della pena. Ma la crudeltà di Vincenzo Paduano, i suoi comportamenti ossessivi nei confronti dell’ex ragazza, la giovane Sara Di Pietrantonio, non potevano non avere un peso. Paduano, guardia giurata di 29 anni, l’ha uccisa lo scorso anno in una notte di fine maggio in via della Magliana a Roma. L’ha aspettata sotto casa del nuovo fidanzato, poi, inseguita e speronata con l’auto e infine strangolata per poi dare fuoco al suo corpo. Un omicidio efferato che era stato però solo il culmine di una lunga serie di atti persecutori, minacce e intimidazioni. Atti da servizi segreti, avevano detto i legali della famiglia di Sara, e tutto per tenere sotto controllo, attimo per attimo, la giornata della giovane studentessa ventiduenne. Sara si rifiutava di riconoscere il ruolo di padrone della sua vita in Vincenzo Paduano e per questo lui l’ha uccisa, scrive il giudice Gaspare Sturzo nelle motivazioni della sentenza appena uscite, elencando poi tutte quelle azioni che avevano finito con il terrorizzare la povera ragazza rendendole la vita impossibile. Sono proprio quelle azioni dimostrate da numerose prove ad aver spinto il magistrato ad ammettere l’aggravante della premeditazione inizialmente esclusa, in sede di convalida del fermo, e a comminare, appunto, il massimo della pena prevista sia per i reati di stalking e distruzione di cadavere, che per l’omicidio volontario con l’osservazione conclusiva di una totale assenza di pentimento nel ragazzo che dopo l’omicidio non si è mostrato per nulla sconvolto ma è andato a bere un caffè con un collega, scrive ancora Sturzo, fumando poi una sigaretta senza che nulla fosse.