“Non sopportavo la sua felicità, volevo ammazzare un ragazzo come me, togliergli tutte le promesse, toglierlo ai suoi figli, ai suoi parenti e ai suoi amici”. A parlare Said Machaouat, il ragazzo di 27 anni di origine marocchina, con cittadinanza italiana che ieri ha confessato ai Carabinieri di aver ucciso Stefano Leo, il trentaquattrenne originario di Biella, accoltellato con un fendente alla gola il 23 febbraio, mentre, come ogni mattina passeggiava lungo il Po per recarsi al lavoro, quel lavoro che lo aveva riportato a Torino dopo aver girato mezzo mondo, dalla Cina all'Australia. La confessione, parla di un movente legato alla sua infelicità e alla volontà di arrecare infelicità a qualche altro giovane, solo questo, però ripeto, come già detto anche il colonnello è un movente su cui noi faremo ulteriori indagini. “Un movente che fa venire i brividi”, ha aggiunto poi il procuratore vicario di Torino, Paolo Borgna: “gli inquirenti andranno avanti con le indagini”, anche per capire se non ci sia stato mai un contatto dell'assassino con la vittima. Una storia, questa, che ha scosso l'intera città e che ora trova il suo epilogo nella confessione Said Machaouat che ha fatto ritrovare l'arma del delitto, un coltello, secondo gli inquirenti acquistato uccidere, rinvenuto in una cassetta dell’Enel. Quanto Accaduto a Stefano non deve accadere mai più, è la speranza di amici e parenti.