Mancava l'ultima conferma, i risultati dell'analisi delle tracce ritrovate sull'arma del delitto. E' arrivata dal laboratorio dei RIS di Parma, il DNA trovato sul coltello utilizzato per uccidere Stefano Leo, il 23 Febbraio scorso a Torino, appartiene alla vittima. D'altra parte era stato lo stesso Said Machaouat, arrestato per l'omicidio, ad indicare il luogo dove aveva nascosto l'arma dopo aver ucciso il 33enne di Biella. Un coltello da cucina, riposto dopo il delitto in una cassetta dell'Enel, a diversi chilometri di distanza dal luogo dell'omicidio, in Piazza d'Armi. Era stato lui a raccontare alle Forze dell'Ordine di aver ucciso Leo nei prassi dei Murazzi, confessando un delitto che resta senza un movente. Era una mattina di Febbraio, quando il 27enne marocchino con cittadinanza italiana, ferisce alla gola l'uomo che stava andando al lavoro camminando sul lungo Po Machiavelli, uccidendolo. Diverse settimane dopo, ad Aprile, Machaouat si reca in caserma per confessare l'omicidio, ma neanche davanti alle insistenze degli inquirenti, spiega il perch� del suo gesto. Agli investigatori, dir� di aver ucciso perch� Stefano Leo era felice, mi sentivo braccato dai Carabinieri, non volevo commettere altri guai. E racconta della sua vita fatta di depressione e sofferenza. Una vicenda, questa, che ha fatto e far� molto discutere, anche perch� Machaouat era stato gi� condannato per maltrattamenti in famiglia, condanna mai notificata.