Potrebbe cambiare la geografia della camorra dopo l'arresto del super latitante Valentino Gionta. 10 giugno 1985, inizia così l'articolo di Giancarlo Siani, il giornalista giornalista che sfidò la camorra. Precario e sfruttato con i suoi articoli. Questo, in particolare, spinse i fratelli Nuvoletta, indicati come gli autori della soffiata che aveva fatto arrestare il boss Gionta, ad emettere una condanna a morte nei suoi confronti. Il 23 settembre 1985 Giancarlo fu ammazzato da due sicari qui, mentre stava parcheggiando l'auto davanti casa. Una storia semplice, ma anche eroica, di un giornalista di 26 anni, precario, mal pagato, coraggioso, libero, curioso. A 35 anni dal brutale omicidio di Giancarlo la consegna simbolica del tesserino di giornalista professionista nell'ambito delle molte iniziative organizzate dalla Fondazione Siani con altri soggetti istituzionali. Il fratello di Giancarlo, Paolo Siani, ricorda i passi fatti e i tanti passi ancora da fare. Io quando era l'86 cominciai ad andare nelle scuole perché capivo che l'unico modo che avevo per tener viva l'attenzione era parlare con i ragazzi, e i presidi, giustamente, anche dicevano “ma che c'entra la scuola? Non sono temi che si fanno qua a scuola”. Oggi non riusciamo ad andare in tutte le scuole, non solo in Campania, che ci chiedono di portare la testimonianza di Giancarlo. La condizione lavorativa di tantissimi giornalisti è ancora molto precaria. Noi abbiamo una sede, che è quella del Dipartimento per l'editoria della Presidenza del Consiglio, dove c'è una Commissione sull'equo compenso, che però dopo il lockdown non si è più riunita. Alla cerimonia ha partecipato anche il Presidente della Camera, Roberto Fico, che ha sottolineato come il ricordo di Giancarlo rappresenti anche un impegno quotidiano contro la camorra. Dobbiamo far sì che il nostro Stato non molli mai l'attenzione verso tutte le criminalità organizzate perché questo significa rispettare Giancarlo Siani, questo significa rispettare tutte le vittime della criminalità organizzata, questo significa dare forza ancora di più alla Procura, alla Questura, a tutte le forze dell'ordine che insieme dobbiamo lavorare affinché si chiuda per sempre questa guerra.