Un agguato preceduto da un appostamento e da alcune accortezze come eliminare il tappeto da terra e coprire il divano per non sporcarlo. Un'imboscata che si consumò nel giro di qualche minuto, tra le 19:00 e le 19:10 del 27 maggio 2023 non appena Giulia varcò la porta di quell'appartamento che condivideva a Senago con il suo compagno e assassino Alessandro Impagnatiello dopo aver incontrato la donna con cui lui aveva una relazione parallela. Trentasette coltellate che non lasciarono scampo a lei e al loro bimbo che portava in grembo da 7 mesi. Eppure, secondo i giudici della Corte d'Assise di Milano che a quasi tre mesi dalla sentenza di primo grado hanno depositato le motivazioni della condanna all'ergastolo con tre mesi di isolamento diurno per Impagnatiello, non fu quello il momento in cui maturò l'omicidio di Giulia Tramontano. L'intento criminoso di ucciderla va fatto risalire ad almeno sei mesi prima, scrivono i giudici nelle 115 pagine depositate, e cioè a quel 12 dicembre 2022 quando per la prima volta l'imputato cercò su internet quale effetto avesse il veleno per topi sugli esseri umani. Da qui il riconoscimento dell'aggravante della premeditazione. La crudeltà, invece, sta tutta in quegli 11 colpi inferti quando la vittima era ancora in vita. Ma non solo, mentre comprendeva che il compagno la stava uccidendo, scrivono ancora i giudici nelle motivazioni, Giulia ha senz'altro realizzato che insieme con lei moriva anche il nascituro che portava in grembo. Consapevolezza, questa, che ha senz'altro provocato nella donna una sofferenza ulteriore rispetto a quella provocata dall'aggressione da parte del compagno. Mosso da una rabbia fredda e lucida, come l'avevano definita i periti, Impagnatiello poi tentò di bruciare il corpo di Giulia, che però, nonostante i tentativi di combustione, scrive ancora la Corte d'Assise, non sparì come un fazzoletto, come l'imputato aveva invece puerilmente pensato. .