Fu omicidio volontario la morte di Marco Vannini, ucciso da un colpo di pistola esploso da Antonio Ciontoli, padre della sua fidanzata. Lo hanno deciso i giudici della Corte d'Assise d'appello di Roma, che hanno condannato Ciontoli a 14 anni di carcere. Condannato anche il resto della famiglia per concorso anomalo in omicidio volontario: 9 anni e 4 mesi alla moglie Maria Pezzillo e ai figli Federico e Martina. E così, dopo cinque anni, nel secondo processo d'appello disposto dalla Cassazione, i giudici hanno di fatto accolto sia le indicazioni della Suprema Corte sia quello che i genitori di Marco chiedevano, il riconoscimento del fatto che si trattò di omicidio volontario perché la sera del 17 maggio 2015 nessuno nella casa dei Ciontoli, dove Marco venne ferito, fece nulla per aiutarlo. 110 minuti senza che fossero chiamati i soccorsi, che avrebbero invece potuto salvarlo. Una morte dovuta a imprudenza e incoscienza, a bugie, omissioni, messe in atto secondo la Procura dalla famiglia Ciontoli per coprire ciò che era accaduto e non mettere a rischio il posto di lavoro del capofamiglia.