Non si riesce ancora a dare un nome alla donna e alla bambina ritrovata a Villa Panfili sabato pomeriggio nell'area verde più grande della capitale, ma ora si aggiunge un tassello importante alla composizione del puzzle. Una dipendente del servizio giardini, infatti, ha raccontato agli inquirenti di aver visto la donna in compagnia di un uomo di carnagione chiara proprio nel punto in cui sono stati trovati i cadaveri circa 10 giorni prima del ritrovamento. La testimone ha spiegato che i due stavano montando una tenda. Lei gli ha detto in inglese che non si poteva, ma loro l'hanno ignorata. Il dettaglio è interessante perché quel tipo di tenda viene fornito da un'associazione umanitaria che presta assistenza ai senzatetto e che dà a queste tende solo previa identificazione. Gli elementi in mano agli investigatori al momento sono pochi, sul corpo della donna non ci sono segni di violenza ed è stata smentita dall'autopsia la pista dell'overdose. Per la madre quindi torna a farsi concreta l'ipotesi di una morte arrivata per cause naturali in un contesto di forte degrado. In attesa dei risultati degli esami non si esclude l'avvelenamento. Il procedimento avviato in procura resta rubricato per duplice omicidio volontario, i segni di strangolamento ed ematomi individuati sul corpo della bimba non lasciano dubbi sulla sua tragica fine. L'autopsia ha evidenziato che la piccola, che aveva tra i sei e gli otto mesi di vita, non mangiava da almeno due giorni. Le cause della sua morte sono certe, è stata picchiata, scossa e infine soffocata fino allo strangolamento, forse da chi non riusciva a fermare il suo pianto. Per la madre è invece più difficile stabilire le cause della morte. Nelle prossime settimane si avranno i risultati dei test sui veleni. La pista dell'omicidio rimane quindi aperta, ma l'urgenza degli investigatori ora è quella di identificare la donna e la bambina. .