Le storie di Baccanello sono durissime, ma l'aria che si respira in questo convento del 1600 a Calusco D'Adda è lieve. E camminando tra i chiostri, in quella che oggi, è la casa per i padri separati, si capisce perché, Papa Giovanni XXIII, lo avesse scelto come suo rifugio spirituale. Per Daniel, che ha quattro figli, ha perso tutto con il gioco, per Gabriele, che di figli ne ha tre e che non ha più una casa dopo la separazione e per tutti quelli come loro, Baccanello non è solo una casa, ma la speranza di una nuova vita. Molti dormivano in macchina. Tutti hanno perso tutto. Ma come arrivano qui dopo la separazione? Lo chiediamo a Francesco Danilo Riva, che dal 2018, con l'Associazione di Baccanello, ha aperto il convento all'accoglienza, sostenuto dal progetto "Operazione Pane Quotidiano". "I papà arrivano da noi attraverso le segnalazioni dei Servizi Sociali, o attraverso i parroci e le varie parrocchie, o attraverso segnalazioni singole di familiari o di associazioni. Molti di questi dormivano in macchina e alcuni di loro sono portatori di dipendenze e quindi vanno seguiti anche da questo punto di vista". Lockdown prolungati, il Covid e la convivenza forzata, hanno esasperato tante situazioni già difficili e così, la lista d'attesa è sempre più lunga. I posti non bastano. "Nell'ultimo anno, la situazione è peggiorata. Abbiamo avuto quasi un raddoppio dei casi e questo è dovuto soprattutto al lockdown e alle crisi familiari che sono date, dai Servizi Sociali, in forte aumento". Seguiamo Annibale, tra quelle che erano le celle del commento e che oggi sono la sua casa. Lui e Robertino, tra dieci giorni andranno via, hanno trovato un appartamento da condividere. Cercheranno di ritrovare la loro autonomia: prima insieme poi, ognuno, per la sua strada. "Non ero più uomo, cioè non riuscivo più né lavorare, né a camminare. Ho trovato questa, cercando tramite il parroco del mio paese, m'ha indicato questa comunità e allora sono venuto qua e ho scoperto che c'è gente che fa del bene". Nei giardini, tra l'orto e il campo da calcio, i figli possono venire qui a fare con il loro papà quanto vogliono. Intanto il papà si rialzano e ritrovano la loro indipendenza, senza però avere una seconda chance. "Noi siamo tendenti a non darla la seconda chance, perché preferiamo, che questo percorso, venga preso sul serio, dall'inizio. È un percorso che non fa assistenzialismo, ma è un'occasione per rimettere in sesto la propria vita. Quindi l'utente che viene a partecipare al progetto, sa che ha un tempo e deve spenderlo bene per uscire dalla sua crisi".