Lo ha ripetuto dall'inizio e ora lo sottolinea anche nella memoria difensiva che ha inviato alla Procura di Perugia: “Voglio dimostrare che non sono e non sarò mai un corrotto e che non sono mai stato eterodiretto da nessuno nelle mie scelte”. Il PM Luca Palamara, al centro dello scandalo che coinvolge il CSM, contrattacca, negando, dunque, la presunta corruzione che gli viene contestata per aver, secondo l'impianto accusatorio, manovrato alcune nomine, avvalendosi della sua influenza come membro del Consiglio Superiore della Magistratura. Per questo motivo scrive, tra le altre precisazioni, di non aver mai piegato la sua funzione a quelli che definisce “fantomatici interessi del gruppo Amara”, che avrebbe puntato la nomina di Giancarlo Longo alla Procura di Gela e della cui attività si dice totalmente all'oscuro. E proprio su questo caso allega il verbale del plenum relativo alla nomina, documento nel quale non risulta alcun voto per lo stesso Longo, PM, questo, che, dopo aver patteggiato una condanna a 5 anni, ha lasciato la Magistratura. Poi l'ex Presidente dell'Associazione Nazionale Magistrati ribatte, punto per punto, alle accuse, da quelli di aver ottenuto 40 mila euro, viaggi pagati e gioielli a quelle delle cene con i politici, sempre per orientare le nomine negli uffici giudiziari. Ora attendo – afferma, infine, Palamara - che il materiale prodotto sia valutato dalla Procura di Perugia, in attesa degli ulteriori accertamenti della Guardia di Finanza, valutazioni che dovrebbero arrivare, mentre sullo sfondo resta la sfida a chi guiderà la procura di Roma dopo il pensionamento di Giuseppe Pignatone, “Queste persone pensavano di poter realizzare questo progetto, vuol dire che il sistema è permeabile e, quindi, il sistema da questo punto di vista va emendato”. “Le correnti hanno il dovere di svolgere un'attività di trasparente e democratica selezione delle candidature. Questo, purtroppo, non è avvenuto”.