L'ex consigliere comunale di Fratelli d'Italia Mimmo Russo era, secondo gli inquirenti, a capo di un comitato d'affari formato da amministratori pubblici, massoni e mafiosi. Da sempre punto di riferimento per i lavoratori precari in città, secondo la procura per anni avrebbe utilizzato per i suoi interessi il suo ruolo pubblico. L'indagine che lo ha portato all'arresto per mafia e voto di scambio era partita da una serie di intercettazioni ad un gruppo imprenditoriale impegnato nella realizzazione di due centri commerciali a Palermo. Russo si era attivato per sbloccare la variante del piano regolatore per i terreni su cui doveva sorgere un ipermercato destinati fino ad allora a verde agricolo. Lo scopo di questa manovra, scrive il Gip nell'ordinanza, era assumerne il merito per promettere assunzioni in vista delle elezioni comunali del 2022. Il meccanismo era rodato, secondo quanto riferiscono alcuni collaboratori di giustizia ogni volta che si candidava in campagna elettorale Russo prometteva agli esponenti mafiosi posti di lavoro, ma anche denaro, buoni benzina, cibo in cambio di voti. Nella stessa operazione dei Carabinieri che ha portato all'arresto dell'esponente di Fratelli d'Italia sono stati disposti gli arresti domiciliari per Gregorio Marchese, figlio di uno storico capo mafia palermitano, e il consulente dell'azienda di Russo Achille Andò.