Mai così tanti arresti in un solo giorno dai tempi del maxi processo. Erano gli anni '80, allora come adesso il rumore degli elicotteri che sorvolavano la città, il suono delle sirene delle auto, delle forze dell'ordine che andavano ad arrestare i boss. Allora però una scia di sangue scorreva per le strade di Palermo. I mafiosi uccidevano chiunque si opponesse alla loro ascesa. Oggi non sparano quasi più, agiscono nel sommerso, si sono integrati nel tessuto della società, continuano a trarre profitto dalla spaccio di droga, dalle estorsioni e sono più forti che mai, dicono gli inquirenti. Un'organizzazione criminale che agisce secondo le vecchie regole ma sfrutta le nuove tecnologie, comunica attraverso chat criptate che tuttora non è stato possibile decifrare e può contare su una rete di informatori, talpe e complici nelle procure come nelle carceri, come ha evidenziato il procuratore nazionale antimafia nella conferenza stampa seguita agli arresti. "In Calabria, in Puglia, in Campania, nel nord Italia. Vale a dire che il circuito dell'alta sicurezza è un circuito penitenziario che è assoggettato al dominio delle organizzazioni criminali nelle quali i mafiosi detenuti godono di intatta capacità di comunicazione, di diramazione di direttive criminose". Anche del maxi blitz che ha portato a oltre 180 arresti, decapitando i vertici di quattro mandamenti della città. I boss erano stati informati ai summit mafiosi, partecipavano anche quelli che erano dietro le sbarre e la presenza dei telefoni cellulari negli istituti penitenziari è uno degli aspetti che più preoccupano dice il procuratore capo di Palermo. Il problema è che a questo punto un mafioso in carcere o un mafioso in libertà dal punto di vista della capacità comunicativa sono praticamente la stessa cosa. Raffaella Daino Sky Tg ventiquattro Palermo.