"La missione è nata sotto i portici alla Stazione Centrale di Palermo, si ripara in un tetto, ma ogni sera ha il pensiero per quelli che sono per strada". Lo ha fatto per tutta la vita, cercare chi vive per strada, offrirgli un riparo, aiutarlo a rialzarsi, dare speranza e dignità agli ultimi è la missione alla quale Biagio Conte ha dedicato la sua esistenza. Da quando 26enne, appartenente ad una famiglia benestante, aveva rinunciato a tutto, ispirandosi a San Francesco d'Assisi, decidendo di vivere non solo per i poveri, ma come i poveri. E per loro aveva costruito non una casa, ma una piccola città nella ex caserma che prima aveva occupato e poi gli era stata donata dal Presidente Mattarella. La cittadella del povero e della speranza è diventata un esempio di accoglienza e pacifica convivenza tra i popoli. Qui hanno trovato rifugio negli anni migliaia di senzatetto, italiani e stranieri, chi ha perso tutto e chi non ha mai avuto nulla. Cristiani e musulmani insieme hanno costruito questa chiesa. Con l'aiuto di volontari e di quelli che ha sempre chiamato fratelli, sono nati un dormitorio, i laboratori dove si impara un mestiere, una mensa in cui gli ospiti si ritrovano, come una famiglia e in cui anche Papa Francesco ha voluto fermarsi nella sua visita del 2018. Il pensiero del missionario laico sempre rivolto agli ultimi degli ultimi, a chi fugge da miseria e guerre e arriva senza nulla. "La storia ci insegna che il movimento dei popoli non è negativo". Biagio Conte non si fermava mai nonostante le precarie condizioni di salute, non smetteva mai di lottare per i più poveri. Tanti i pellegrinaggi. Tante le proteste. Qui contro i decreti sicurezza nel 2019. Tanti i digiuni contro l'indifferenza che la società, diceva Biagio Conte, dimostra. "Chi è il senzatetto, l'emarginato. Chi è, quella parola barbone, che io ho tradotto in fratello, sorella. È uno di noi. È frutto, è parte di questa società. Per questo è nostro dovere aiutarlo".