Pantelleria, protesta contro chiusura ospedale

Dalle isole minori l'Italia appare molto lontana e tra gli abitanti la sensazione è che lo sia anche la Sicilia, con i suoi ospedali e le sue scuole. In queste perle del Mediterraneo, per tutti agognate mete turistiche, al di là della vacanza, quando mancano i servizi essenziali, la vita quotidiana è più difficile che altrove. Se a Lampedusa non si nasce da decenni, con le partorienti costrette a prendere un aereo e dare alla luce i propri figli nelle grandi città siciliane, tra costi e disagi e ora anche rischi di contagio, a Pantelleria il punto nascita, riferimento anche per le altre isole, è stato chiuso da poco, nonostante l'emergenza sanitaria e le proteste guidate dal Sindaco e da parte dell'amministrazione comunale che da giorni sono in sciopero della fame. Chiedono che i malati possano essere curati qui sull'isola, che si è blindata impedendo l'accesso a chiunque per tenere a distanza il virus. Le nostre partorienti, in un momento di emergenza così importante, sono costrette ad andare in terraferma a partorire, partendo dalla trentasettesima settimana. Quindi, si fanno un mese in terraferma con tutti i rischi che potete immaginare. E noi siamo al momento, con contagi zero. Stesso destino per i malati oncologici. Vanno in terraferma facendo un giro da Palermo fino a Trapani e poi, dopo aver fatto la chemioterapia ritornano indietro immunodepressi, quindi con il rischio di contrarre il contagio in maniera esagerata. Chiediamo alla Regione siciliana, quindi all'Assessore Razza che non ci risponde, nonostante la sollecitazione nostra, ma anche dal comitato mamme e di tutti, chiediamo che riaprano il punto nascite e al governo nazionale di provvedere con propri provvedimenti per cercare di superare questa impasse regionale che è inaccettabile.