"No, per il momento no, davvero". Darà le dimissioni solo nel caso si sentisse annebbiato, così stanco da non vedere con chiarezza le cose. Papa Francesco lo ha confidato durante un'intervista alla televisione svizzera. A chi lo conosce bene, ai cardinali che definisce intelligenti, chiede di aiutarlo a capire quando la stanchezza prenderà il sopravvento sulla lucidità. Inevitabilmente centrale, nella sua riflessione sul mondo, l'Ucraina. Fulcro di una guerra che definisce mondiale, poiché vi sono invischiate tutte le grandi potenze. Il giorno seguente all'esplosione del conflitto, Bergoglio andò all'Ambasciata russa in Vaticano, chiedendo un dialogo con Vladimir Putin, una finestra per negoziare. La risposta arrivò dal Ministro degli Esteri russo, Lavrov: grazie, ma non è il momento. Fu la chiusura lapidaria a quel tempestivo tentativo di dialogo per la pace. La spiegazione del Papa è che ci sono interessi imperiali nella guerra, non solo dell'impero russo, ma degli imperi di altre parti. Citando le sue parole: proprio dell'impero è mettere al secondo posto le Nazioni. Ma attenzione, dice il Papa, la guerra affligge anche altri Paesi del mondo, come Siria e Yemen, Myanmar, luoghi dove fiorisce l'industria delle armi, dove se ne usano di vecchie e sperimentano di nuove. Le sue condizioni di salute sono ora migliorate, dopo la malattia al ginocchio, che racconta di aver vissuto come un'umiliazione fisica. Camminare gli è mancato molto, è un gradito ricordo dell'Argentina, dove si ritrovava tra la gente, sugli autobus e in metropolitana. Ai confini del mondo per cui prova nostalgia, da cui la visione è più chiara perché la realtà si vede meglio dagli estremi che dal centro, dalla distanza si capisce l'universalità. Questo è, dice, un principio sociale, filosofico e politico.