"E' una cosa amara, è una cosa brutta da un punto di vista, ecco di trasformare una vittima in colpevole." Parla con la forza e il coraggio di sempre il papà di Martina Rossi da 13 anni. La richiesta di una nuova perizia sulla dinamica della caduta, avanzata dai legali di Alessandro Albertoni e Luca Vanneschi durante il processo civile ad Arezzo per il risarcimento, è l'ennesimo tentativo di cancellare la verità. Martina è precipitata dal sesto piano dell'hotel Palma di Maiorca in Spagna per sfuggire allo stupro, scavalcando il terrazzino della sua camera. "Da un punto di vista morale è una cosa tremenda perché naturalmente oramai le responsabilità sono talmente manifeste che diventa abbastanza ridicolo". Dire che è stata anche colpa sua, sostenendone una corresponsabilità, va oltre l'immaginabile. I due trentenni aretini condannati in via definitiva a 3 anni ma in regime di semilibertà per il tentato stupro ma non per la morte come conseguenza di altro reato. La famiglia, che incontriamo a Imperia, dove si reca abitualmente per posare un fiore sulla tomba della loro unica figlia morta tragicamente il 3 agosto 2011, chiede quel risarcimento, un milione di euro per l'Associazione Martina Rossi, nata con l'obiettivo di aiutare le donne vittime di violenza e per tutte le persone fragili. "Quando c'è la violenza perpetrata ai danni dei più deboli, bisogna sempre marcare più grande attenzione, cioè le pene vanno comunque, quando sono assegnate vanno comunque vanno fatte.".