Infiltrazioni camorristiche nella ricostruzione del Ponte Morandi, atto secondo. Dopo che la Dia di Genova un mese fa circa, aveva notificato un'interdittiva antimafia all'azienda Tecnodem, arrivano nuovi sviluppi. In arresto sono finite due persone. Si tratta di Consiglia Marigliano, amministratrice, socio unico della Tecnodem e Ferdinando Varlese, pregiudicato di 65 anni di Napoli, domiciliato a Rapallo. Secondo gli investigatori era lui il vero amministratore della ditta. L'accusa è di intestazione fittizia di beni, aggravata dall'aver commesso il fatto, per agevolare il clan D'amico del Rione Villa di Napoli. Tra le condanne riportate da Varlese emerge la sentenza emessa dalla Corte d'Appello di Napoli nel 1986 per associazione a delinquere. Tra i coimputati vi erano affiliati al clan Misso-Mazzarella-Sarno, già appartenente all'organizzazione camorristica denominata “nuova famiglia”. Altra sentenza rilevante, secondo la Dia, è quella della Corte d'Appello di Napoli del 2006, per estorsione tentata in concorso, con l'aggravante di aver commesso il fatto con modalità mafiose. Gli uomini della Dia stanno eseguendo perquisizioni e sequestri anche in Campania. Dalle carte emerge che la società aveva lavori in subappalto per 100.000 euro nell'ambito delle opere per la demolizione del Ponte. “Episodi del genere dimostrano che il sistema dei controlli funziona” ha detto Pietro Salini, amministratore delegato della Salini Impregilo, società impegnata nella ricostruzione del Ponte Morandi. Dalle indagini è emerso inoltre che l'arrestato, dopo che la società era stata estromessa dal subappalto, si era già attivato, per formare quanto prima, una nuova compagine sociale per continuare, così a proporsi nello stesso settore.