"Sapevo esattamente che era dovuto a un cedimento di strallo". Questo è il primo pensiero dell'Ingegnere Codacci-Pisanelli il 14 agosto 2018 quando il crollo del ponte Morandi causò la morte di 43 persone. 58 gli imputati di una catastrofe annunciata, gli allarmi inascoltati e ribadite nell'aula del tribunale di Genova da uno dei test chiave, l'allievo dello stesso Riccardo Morandi con cui ha lavorato a lungo. Udienza dopo udienza, colpo su colpo per raccontare il viadotto ammalorato. La necessità di verifiche endoscopiche e meccaniche, già negli anni 90 una manutenzione ordinaria iniziata sulla pila 11, proprio su incarico di Autostrade, durante la quale gli operai trovarono trefoli malridotti, alcuni spezzati e non iniettati. "Noi eravamo intenzionati a completare i controlli anche sulla dieci e sulla nove, purtroppo la decisione presa da Autostrade viene comunicata a marzo è che questo non sarebbe stato fatto. Io poi ho cercato di insistere per potere continuare, invece poi la situazione è stata quello che ho raccontato, cioè sono stato assolutamente allontanato". Codacci-Pisanelli in aula ricorda come lo stesso progettista Morandi, nel 1981 relazionò una potenziale deformazione della pila 9 per l'aumento dei volumi del traffico e per questo i tiranti andavano controllati. L'ex consulente dopo aver sollecitato le verifiche venne allontanato da Asti racconta e anche in malo modo dalle ex dirigente di Autostrade Donferri Mitelli che ritenne sufficienti quelle riflettometriche. "Mi ha maltrattato, si tecnicamente da Ingegnere mi aspettavo un comportamento differente, però aveva uno slang non so se posso dire abbastanza pesante nel modo di esprimersi". Se le avessero dato retta il Morandi sarebbe rimasto in piedi? "Guardi, preferisco non dirlo".