Ricostruire le varie fasi del soccorso, verificare le condizioni psicofisiche dei profughi e migranti e quelle igienico-sanitarie, sulla nave che li aveva salvati dopo 20 giorni in mare, in attesa di uno sbarco vietato dall'allora Ministro dell'Interno. Sul banco dei testimoni, nell'aula bunker dell'Ucciardone vietata alle telecamere, salgono i medici e i dirigenti sanitari che visitarono i migranti a bordo e a terra. Erano allo stremo, dice il medico che partecipò all'ispezione voluta dal Procuratore Patronaggio, in quella situazione di tensione con la paura di essere riportati in Libia, continuare in sicurezza la navigazione sarebbe stato ad alto rischio, dice. Qualcuno si era già gettato in mare, il timore che altri potessero compiere gesti estremi era concreto, aggiunge l'allora Prefetto di Agrigento Caputo. Poi tocca al capitano della nave, ripercorrere le operazioni, la permanenza forzata sul ponte della nave con le torride temperature d'agosto e spiegare perché in quelle condizioni, affrontare un altro lungo viaggio verso la Spagna, Paese della ONG, sarebbe stato impossibile. La difesa insiste su un punto: non spettava all'Italia far sbarcare una nave straniera di cui non aveva coordinato i soccorsi. "In un momento in cui si parla di difesa dei confini in altre parti del mondo, io ho fatto quello che era un mio dovere e quindi, non ho nessuna preoccupazione da questo punto di vista". Fuori dall'Ucciardone, manifestano studenti di giurisprudenza e artisti. "Il dovere dell'Italia è quello di garantire un'accoglienza, un'integrazione ad ogni essere umano in pericolo, così come lo stiamo facendo adesso con l'Ucraina, perché è nostro dovere, abbiamo il dovere di farlo con tutti i migranti che arrivano dalla Siria, dallo Yemen e dall'Africa".