È stato alle dipendenze del Governo italiano? No. È stato alle dipendenze del governo del Regno Unito? No. È stato alle dipendenze del governo dell'Egitto? No. No. Giulio Regeni non ha mai collaborato né tantomeno era alle dipendenze di autorità o enti statali. Lo dice il padre, lo conferma con decisione il colonnello dei Carabinieri del Ros che da subito indagò sulla vicenda. "Non c'è una evidenza che ci autorizzi a ipotizzare la riconducibilità di Giulio a un servizio di intelligence italiano, britannico o straniero". Entra nel vivo il processo per il sequestro e l'omicidio del ricercatore friulano avvenuti al Cairo nel 2016 e sfilano i primi testimoni. Il papà Claudio che spiega perché suo figlio si trovava in Egitto; parla di un giovane ricercatore arrivato da Cambridge per un dottorato dei suoi sogni degli obiettivi degli anni di studio all'estero delle competenze. Ma dalle indagini non è mai emerso nulla di diverso dalla vita di un giovane uomo con grandi capacità. "Inizia a ricostruirsi la verità processuale su quello che è capitato a Giulio e su chi era Giulio e a mandare via un po' di ombre che hanno gettato su Giulio". Giulio Regeni sapeva bene, era consapevole della realtà nella quale si trovava lo conferma la testimonianza di un'amica. "Non si metteva in situazioni che erano pericolose, c'era un contesto in cui bisognava essere molto cauti perché anche parlare di storia degli anni cinquanta veniva vissuto comunque come un discorso potenzialmente sovversivo". Teneva un profilo basso ma nonostante tutto una sera di gennaio è stato rapito torturato per giorni e poi ucciso; il corpo abbandonato lungo la strada che da Il Cairo porta ad Alessandria perché? Chi credevano che fosse? A queste domande bisogna rispondere per capire anche i silenzi, le distanze, l'ostruzionismo delle autorità egiziane. Un processo che andrà avanti senza gli imputati: quattro agenti dei servizi segreti de Il Cairo.