Questione migranti, Actionaid: nei Cpr solo 10% dei rimpatri

Fino a €71.000 all'anno, €195 al giorno: la tariffa di un ottimo hotel. Tanto può arrivare a costare in Italia tenere un migrante in un centro di permanenza per i rimpatri. Il record in negativo spetta al CPR di Brindisi che negli ultimi due anni ha ospitato 14 persone: quasi €1 milione per sole 14 persone. È solo una delle mille contraddizioni che emergono dal report "Trattenuti", una radiografia del sistema detentivo per stranieri pubblicato da ActionAid e dall'Università di Bari estrapolando i dati ottenuti da Viminale, prefetture e questure, grazie a 97 richieste di accesso agli atti. Contraddizioni comuni ad ogni angolo della penisola. A Torino abbiamo speso nel 2023 ben €3 milioni ma il CPR è rimasto aperto meno di 3 mesi. A Macomer, in Sardegna, un migrante costa €52.000 l'anno. A fronte di costi insostenibili paiono quantomeno deludenti gli obiettivi: i rimpatri. La detenzione amministrativa nei CPR è ammessa in funzione del rimpatrio degli irregolari. Nel 2023 sono stati emessi 28.000 ordini di allontanamento. Di quelli eseguiti solo 2.900 riguardano chi è passato da uno dei 10 centri operativi. "Siamo davanti a un 10% di persone che vengono rimpatriate su tutte quelle che ricevono un ordine d'espulsione. Quindi ci troviamo davanti ad una politica che ha il 10% di efficacia e che riporta, di fatto ottiene, il 10% dei risultati attesi". E poi il rapporto denuncia confusione amministrativa, mala gestione e sistematica violazione dei diritti. Lo Stato delega la gestione dei CPR a cooperative e soggetti for profit, perfino a una multinazionale. "I gestori di CPR sono sempre gli stessi che vengono esclusi in alcune prefetture e vincono in altre. Vengono esclusi, ricordiamo perché. Per illeciti e reati contro la pubblica amministrazione. Acclarati. Quindi anche quando la pubblica amministrazione è uno stesso ufficio territoriale del governo, è una stessa prefettura".