Sin da subito agli inquirenti quella rapina in casa di Michela, barista, ventiduenne di Porto Torres, era sembrata davvero strana e inspiegabile era parso anche il suicidio, poco dopo, della ragazza, avvenuto nella casa di un’amica alla Maddalena la notte tra il 4 e il 5 novembre scorsi. Questi due episodi sono collegabili tra loro? Qualcuno ha spinto la ventiduenne ad uccidersi? Sono le domande dei magistrati della Procura di Tempio Pausania. Dopo indagini serrate, arriva una prima importante risposta e i Carabinieri scovano nella memoria di un pc un filmato a luci rosse che ha come protagonista proprio Michela. Il proprietario del computer assieme ad altri due amici della ragazza si ritrovano così iscritti sul registro degli indagati con le accuse di istigazione al suicidio, tentata estorsione e diffamazione aggravata. Una brutta storia, ancora con tanti punti da chiarire, costellata pare di minacce ed estorsioni. Pochi giorni prima di uccidersi Michela aveva raccontato di aver subito un’aggressione, di essere stata narcotizzata nella propria abitazione da un gruppo di persone che le avevano sottratto circa 1.000 euro. La ragazza non aveva sporto formale denuncia, ma l’episodio aveva assunto particolare importanza alla luce di quanto sarebbe accaduto di lì a poco: il suicidio della giovane. Da subito vengono ascoltati parenti e amici, viene analizzato il cellulare della vittima, spunta il video a sfondo sessuale e inizia a prendere corpo la pista del ricatto, anche grazie al contributo di un testimone chiave, che sapeva dell’inferno esistenziale in cui Michela era finita, fatta oggetto di richiesta estorsiva con la continua minaccia della diffusione del video. Accanto al suo corpo sono stati ritrovati due foglietti, messaggi che confermano la volontà suicida di una ragazza travolta dalla paura e dalla vergogna.