I requisiti che competono all'INPS, quelli patrimoniali, reddituali e occupazionali, ci sono. La norma è stata applicata correttamente. Lo afferma il Presidente dell'INPS, Pasquale Tridico. Nulla quaestio, dunque, sulla corretta applicazione della legge nel caso di Federica Saraceni. Ex BR, condannata a 21 anni e mezzo per l'omicidio di Massimo D'Antona, attualmente ai domiciliari, la Saraceni percepisce 623 euro al mese come reddito di cittadinanza. La norma, ha spiegato ancora Tridico, prevede che non possono avere accesso al reddito coloro i quali ebbero avuto una condanna nel dieci anni precedenti, ma nel suo caso si tratta di dodici anni fa. Ma certo c'è differenza tra ciò che è legale e ciò che è giusto, sottolinea Olga D'Antona, vedova del giuslavorista ucciso a Roma il 20 maggio del '99. “Federica Saraceni non ha finito di scontare la sua pena. Quindi una legge che consente ad una persona che non ha ancora finito di scontare la sua pena di avere un beneficio da parte della collettività intera mi sembra profondamente ingiusto, soprattutto nei confronti di chi ha veramente bisogno. Effettivamente i requisiti ci sono, ma continuo a dire che la legge è sbagliata, e che quindi il Parlamento e il Governo forse è il caso che, alla luce di questo evento, si rendano conto che nella legge c'è una falla, che tutte le leggi possono essere comunque riviste e migliorate, e questa è una legge che merita l'impegno del Parlamento”. Per Patrizio Gonnella, Presidente di Antigone, l'associazione che si occupa dei diritti dei detenuti, concedere il reddito di cittadinanza a chi è stato in carcere è del tutto coerente con le norme costituzionali. Come si pensa, altrimenti, di reintegrare una persona se la si condanna alla povertà, si chiede. Ma forse a turbare è proprio la tipologia di reato per il quale Federica Saraceni è stata condannata. Pensare che lo Stato elargisca un sussidio a chi quello stesso Stato non riconosceva, tanto da tentare di disarticolarlo, sembra un paradosso.