Ci sentiamo traditi, Claudio e Paola Regeni non usano mezzi termini per commentare gli ultimi sviluppi del caso riguardante la morte del loro figlio Giulio, avvenuta quattro anni fa al Cairo. Una morte orribile e ancora inspiegabile, almeno a livello ufficiale, su cui ancora indaga la Procura di Roma che ha aperto un fascicolo per sequestro di persona e omicidio nei confronti di alcuni esponenti dei Servizi di Sicurezza egiziani. A dimostrazione del fatto che proprio il coinvolgimento dell'Autorità del Cairo è uno degli elementi chiave dell'inchiesta. Ed è per questo motivo che l'annuncio della conclusione di un accordo con l'Egitto, per la vendita di due fregate italiane, ha scatenato la rabbia dei genitori del giovane ricercatore, sequestrato e poi trovato massacrato con i segni evidenti di tortura. L'accordo commerciale è stato annunciato al termine di una telefonata tra il Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte e il presidente egiziano Abdel Fattah Al – Sissi. Una telefonata in cui si è affrontato lo spinoso dossier Libia è appunto la vendita delle due fregate. Una mossa che non ha provocato solo l'indignazione e la rabbia dei genitori di Giulio, ma anche la richiesta, da parte della Commissione Parlamentare di Inchiesta, di ascoltare il Presidente del Consiglio sugli sviluppi del caso. Il Presidente della Commissione, Erasmo Palazzotto, ha ribadito come non abbia senso continuare l’indagine se prima la Corte non fa chiarezza sulla linea di Palazzo Chigi. L'audizione, scrive infatti, è preliminare sia sotto il profilo politico che istituzionale per il proseguimento di ogni altra attività di indagine specie dopo la recente interlocuzione diretta con il Presidente della Repubblica Araba D’Egitto. E l’Egitto è al momento uno dei più importanti acquirenti di materiale bellico per l'Italia, ma è al tempo stesso un Paese in cui le libertà politiche e civili sono pesantemente represse e soprattutto ha avuto un atteggiamento scarsamente collaborativo per fare luce sulla morte del giovane ricercatore.